LA GRAVINA DI GINOSA
LA GRAVINA DI GINOSA
La Gravina di Ginosa è un profondo solco della roccia calcarea, che circonda a ferro di cavallo il centro storico di Ginosa.
Nel sistema di Canyon del Parco Terra delle Gravine, quella di Ginosa rappresenta la più importante testimonianza della frequentazione dell’uomo nelle gravine. In tale ambiente, seppur impervio, gli uomini, sin dalla preistoria, hanno trovato un ottimo habitat in cui insediarsi, sia per la presenza di acqua sul fondo gravina, sia perché i costoni sono formati da roccia friabile e facile da “lavorare”: la calcarenite (genericamente definita “tufo calcareo”).
Nel deposito preistorico denominato “Riparo L’Oscurusciuto”, la presenza antropica risale a circa 50.000 anni fa. Qui, è possibile avvertire la sensazione di fare un viaggio nel Paleolitico Medio e immergersi nelle gravine all’epoca dell’Uomo di Neanderthal.
Da quasi vent’anni, in tale area, il Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Siena ha portato alla luce e documentato uno dei siti archeologici più importanti del Sud Italia per la conoscenza del Paleolitico Medio (300 mila – 40 mila anni fa).
Insediamenti rupestri
Sui versanti rocciosi della Gravina di Ginosa l’uomo ha creato, tra III e IX Sec. d.C., due insediamenti rupestri, il Casale e la Rivolta. Un violento terremoto, nel 1857, ha provocato il crollo di gran parte del Rione Casale cancellando quasi completamente la sua conformazione. L’insediamento della Rivolta, composto da 66 grotte disposte su 5 livelli, si sviluppa prevalentemente con abitazioni quasi completamente scavate nella roccia e perlopiù rimaste intatte rispetto al passato. I due insediamenti sono divisi da una parete rocciosa denominata “Nido del corvo”, probabilmente perché in tale punto, in passato, nidificava il corvo imperiale.
La spettacolare cornice rupestre della Gravina di Ginosa ha fatto da scenario a numerosi set cinematografici. Tra i principali ricordiamo: nel 1964 “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini; nel 2017 “Agadah” di Alberto Rondalli; sempre nel 2017 “Chi m’ha visto” di Alessandro Pondi.